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"Poirot e la salma", il romanzo più vivo di A. Christie

Creato il 26 agosto 2010 da Dejavu
Lo scenario intorno alla piscina.
Una messinscena.
Una scena predisposta.

Predisposta da chi?
Predisposta per chi?

La risposta alla seconda domanda era,
lo sospettava fortemente,
Hercule Poirot.
Lo aveva pensato subito.
Ma allora lo aveva considerato uno scherzo,
un'impertinenza.
Era ancora un'impertinenza,
ma non uno scherzo.

A dispetto del titolo cadaverico, "Poirot e la salma" (tit. orig. The Hollow del 1946) è uno dei romanzi più vivi e dinamici che Agatha Christie abbia mai concepito. Forse perchè la presenza del poltrone Hercule Poirot è ridotta all'osso e quasi riluttante.
Non si fa che saltare da una testa all'altra, le pagine si scrivono con i pensieri dei personaggi come in una staffetta che comincia da quando Lady Angkatell si sveglia presa dal panico per l'arrivo di ospiti alla Tana e che non s'interrompe nemmeno quando John Christow cade colpito ai bordi della piscina di casa Angkatell.
Che sta facendo un momento prima di girarsi verso il suo assalitore e di ricevere una pallottola? Sta riflettendo. Pensa allo scontro che ha appena avuto con Veronica Gray, un'attrice di Hollywood avida ed egoista che lo ha seguito fino in campagna e che gli ha appena espresso tutto il suo odio per averla respinta.
Mentre la vasca piena di acqua e di foglie autunnali si tinge del suo sangue, John ci dice addio con l'immagine del suo assassino ancora stampata negli occhi. Ma se le sue emozioni sono terminate - per mano della vendicativa Veronica Gray? - la narrazione di certo non si ferma e il testimone passa ai processi mentali degli altri personaggi che gli sono accorsi accanto, richiamati dal suono degli spari.
Henrietta Savernake è una di loro. E' una donna formidabile, una scultrice di talento. E' l'amante dell'uomo che ora giace per terra. Ed è proprio il suo nome che la vittima pronuncia prima di chiudere per sempre le palpebre.
Il detective Hercule Poirot fa capolino proprio in quel frangente, sente mormorare quel nome e vede l'insulsa moglie di John, Gerda Christow, china sul cadavere e con una pistola ancora in mano. Per un'azione maldestra - o calcolata - Henrietta farà cadere l'arma in fondo alla piscina compromettendo la presenza delle impronte su di essa.
"Eppure" - pensa subito Poirot - "eppure sembra che tutto sia stato preparato, messo in scena, apparecchiato per me. E perché chi sta morendo mi sembra essere la persona più viva tra coloro che mi circondano?"
E' un Poirot attento, ma scontato e con poche occasioni per tirare i dadi. In mezzo ai tanti personaggi vividi e nuovi, fa quasi da carta da parati e pare fuori fase. E' la prima volta peraltro che, giungendo sulla scena, scambia un delitto per un gioco di società e il sangue per della vernice fresca.

A parte il tarlo sull'identità dell'assassino, c'è un'altra mosca un po' fastidiosa che ronza per tutta la lettura: Lady Angkatell. Lucy Angkatell, con la sua aria svagata che a volte rasenta un noncurante cinismo tanto da preoccupare il marito Sir Henry, è tanto inopportuna quanto riuscita nella sua caratterizzazione di donna che sorride ad ogni tragica evenienza, stemperando tutto nel pragmatismo dei pranzi e del cerimoniale.

"Penso che alle volte nella vita bisogna saper rischiare" disse [Lady Angkatell] con la sua solita voce gentile. "E bisogna farlo rapidamente, senza troppi ripensamenti."
"Un atteggiamento magnifico, mia cara" ribatté Sir Henry. "Anche se mi ha sempre terrorizzato il fatto che ero io il rischio che tu avevi deciso di correre."
Una cosa però che non potrò mai fare leggendo Agatha Christie è mettermi a dieta. Se il delitto è la portata principale, non mancano mai contorni di té e cibi da acquolina: soufflé al limone, "negri in camicia", panini e caffé, pernici in crosta, pollo freddo, bistecche con patatine, budini... Quella donna avrebbe il potere di far brontolare lo stomaco anche a chi non è più di questo pianeta. Per me poi che l'ho letto in mezzo a una spiaggia e lontano da un frigo è stata una tortura.

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